giovedì, dicembre 28, 2006

Il turista indiano, questo sconosciuto


Cominciamo dai numeri: gli indiani che nel 2004 hanno lasciato la propria patria per viaggi di turismo sono stati circa 6 milioni; nel 2050 si calcola che potrebbero essere 50 milioni. Insomma, un bacino di mercato enorme che che oggi dimostra grande attenzione e interesse per l'Italia: 169.000 gli arrivi nei primi mesi del 2006, con una crescita del 10% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Ecco l'identikit del turista indiano che arriva in Italia: reddito medio-alto, viaggia prevalentemente in due periodi dell'anno (tra aprile e giugno e tra ottobre e novembre), ama la vacanza di lusso e i luoghi "simbolo", vuole visitare le città d'arte ed è interessato ai circuiti enogastronomici. Ma, a sorpresa, la prima motivazione turistica è lo shopping. Il turista indiano viaggia principalmente con la famiglia e ha una spesa media di 2.500 dollari a settimana per 4 persone. Un turista curioso e disposto a spendere, ma che chiede un'offerta personalizzata, sia in termini di ospitalità sia in campo enogastronomico. Riguardo a quest'ultimo aspetto però, si consideri le particolari credenze ed usanze che impongono a molti indiani il rifiuto di molti alimenti di origine animale; ed anche chi non rinuncia alla carne non può comunque mangiarla indiscriminatamente per via di alcuni vincoli di tipo religioso (una soluzione è quella di valorizzare e puntare sulla carne avicola).

Insomma, una nuova cultura si affaccia sul mondo del turismo.

(via Bargiornale - Dicembre 2006)

L'affitto come stile di vita


Prendere in prestito e restituire, affittare per un giorno, un mese o più e poi riconsegnare al mittente. Senza ripensamenti, fino alla prossima occasione. Un nuovo stile di vita, che sostituisce la proprietà perpetua con quella a tempo, ben consolidato all'estero e che in Italia si sta diffondendo sempre più: secondo i dati della Camera di Commercio di Milano negli ultimi anni i beni noleggiati in alcuni settori sono più che raddoppiati.

Perchè? Prima di tutto perchè i vantaggi sono molti: niente denaro investito a fondo quasi perduto, niente spese di gestione o di manutenzione, ma la garanzia di avere sempre prodotti dell'ultimissima generazione o perfettamente revisionati, la possibilità di prendee, restituire, sostituire senza pentimenti e senza riempirsi le cantine di oggetti inutilizzati o usati solo per un paio di volte all'anno.

E questo non sembra essere per forza uno stile di vita adatto a chi non ha molti soldi: anche ch dispone di denaro spesso ormai prefersice affittare piuttosto che acquistare, proprio perchè prevale la razionalità di non accumulare oggetti che presto diventeranno vecchi e inservibili.

Insomma, un'altra tendenza con cui dovremo fare i conti...

(via Sole 24 Ore del 18 dicembre 2006)

mercoledì, dicembre 27, 2006

Con WinePod ci facciamo il vino da soli!

WinePod è un ennesimo strumento che va in direzione della personalizzazione sempre più spinta dei prodotti che ci circondano. In questo caso si tratta di vino; WinePod infatti è un particolare "elettrodomestico" che permette la realizzazione in casa fino a 75 litri di vino fatto-da-noi. Interessante è il fatto che fra i servizi messi a disposizione dalla casa produttrice del WinePod ci sia anche la vendita di uve selezionate. Unico inconveniente il prezzo: circa 2.700 eurini!

(via Gadgetblog)

giovedì, dicembre 21, 2006

Lavare i panni sporchi in palestra

(da http://www.tonicnet.it)

Tonic Network Benessere è il nome di una catena di strutture decicate al fitness e alla cura della persona attiva in Italia dal 2001 e che attualmente conta sul territorio nazionale 7 palestre Tonic Club e una beauty farm.
Un recente accordo con Indesit, noto marchio di elettrodomestici, ha dato il via ad una sperimentazione molto interessante (per ora solo nelle palestre di Milano ma con l'obiettivo di estendere il servizio anche nelle altre città in cui è presente Tonic): l'allestimento, all'interno delle palestre, di spazi in cui poter lavare ed asciugare i capi di abbigliamento sportivo appena usati durante gli allenamenti (comprese le scarpe). Gli spazi, chiamati Indesit Laundrette, sono ovviamente riempiti con elettrodomestici Indesit dotati di programmi studiati appositamente per il lavaggio delle fibre sintetiche dei capi sportivi.

(Fonte: MarkUp n°147)

mercoledì, dicembre 20, 2006

A cena con i Flinstones!

(da http://www.piaceremagazine.it)

Si chiama Bam Bam Ristosauro ed ha da poco aperto i battenti a Perugia. Stando alle poche notizie disponibili sulla rete, l'ambientazione di questo ristorante (in franchising?) è ovviamente a tema con il mondo preistorico riadattato alla modernità tipico dei personaggi della famosa serie cartoon dei Flinstones (o degli Antenati, secondo l'originaria versione italiana). E quindi: tavoli e sedie in finta pietra e legno e un menù con molti riferimenti al mondo "primitivo", dove ovviamente domina la carne (ma sembra che anche le pizze siano molto buone!). Da verificare.

(Via Gustoblog)

martedì, dicembre 19, 2006

Dal "low cost" al "no cost"?

(da http://www.fluglaerm.de)

E se i voli low cost diventassero sempre più "low" fino a diventare "free", cioè gratuiti? Compagnie come Ryanair stanno già sperimentando forme e possibilità di fare viaggiare gratis i propri passeggeri e in un futuro neanche troppo lontano questa mossa potrebbe diffondersi presso il grande pubblico. Ryanair crede molto in questa opportunità tanto che i suoi dirigenti hanno spiegato in varie occasioni che una delle possibilità più probabili è quella che i costi del trasporto dei passeggeri a basso costo possa essere sostenuto da gli altri attori del sistema ricettivo e dei trasporti di ciascuna destinazione. Impossibile? No, se si pensa ad uno scenario in cui il sistema economico pubblico e privato di una città decide di investire risorse in tal senso per attrarre più turisti sul proprio territorio, oppure, anche più semplicemente agli alberghi o alle compagnie di autonoleggio.

(Via Trendwatching)

lunedì, dicembre 18, 2006

Agenzie immobiliari 2.0

Se il tradizionale ruolo delle agenzie immobiliari è quello di mettere in contatto coloro che desiderano vendere una casa o un immobile e coloro che desiderano comprare, ultimamente molti consumatori fanno fatica a giustificare e a dare valore alle commissioni per quella che, alla fine, si rivela come una semplice intermediazione ("se ci conoscevamo prima... potevamo fare a meno dell'agenzia"). Tre esempi di come dare valore aggiunto anche ad un'attività come l'intermediazione immobiliare ci vengono dalla Finlandia, dall'Olanda e dagli Stati Uniti.


La società finlandese Igglo ha rivoluzionato il mercato immobiliare di Helsinki: ha infatti fotografato ogni edificio della capitale e combinando queste foto con immagini e mappe satellitari, offre sul proprio sito un elenco, anche visuale, di tutte le proprietà della città, anche di quelle non attualmente in vendita (lo slogan della società è "la tua casa è già su Igglo"). I potenziali acquirenti possono lasciare un'offerta online per qualsiasi edificio di interesse, mentre dal canto loro anche i proprietari che non hanno intenzione di vendere possono tenere sotto controllo l'appetibilità della propria casa o zona di residenza. Naturalmente i potenziali acquirenti ricevono un avviso non appena una delle proprietà per le quali hanno fatto un'offerta viene messa sul mercato (magari proprio perchè il proprietario è stato stimolato dall'offerta, in una sorta di circolo virtuoso). Quando domanda ed offerta si incontrano, Igglo trattiene una percentuale minore di quella praticata dai normali agenti, cosa resa possibile dal fatto che i propri agenti si attivano solo quando venditore ed acquirente si sono già "incontrati".


Anche l'olandese Elkhuistekoop ("Ogni casa è in vendita") incoraggia gli utenti del proprio sito a compilare un modulo online nel caso in cui abbiano visto la loro "casa dei sogni" ma questa non sia ancora in vendita; rispetto ad Igglo assume però un ruolo più attivo: appena ricevuta la segnalazione, Elkhiustekoop infatti contatta i proprietari della "casa dei sogni", notificando l'interesse, verificando l'eventuale disponibilità a vendere e i tempi previsti. Nel caso questa operazione "risvegli" il desiderio nascosto di vendere, Elkhiustekoop mette in contatto le parti con una agenzia immobiliare, la quale girerà alla società una parte della propria provvigione. Il servizio è invece gratuito per gli acquirenti.

L'americana Zillow invece capovolge il concetto e consente ai proprietari di un immobile di stabilire un prezzo, non vincolante, per la sua eventuale vendita, creando una specie di meccanismo di "annuncio di prova". Qualora infatti un potenziale acquirente si dimostrasse interessato, può contattare anonimamente per e-mail il proprietario e questo potrà decidere se vendere "veramente" o no. Le motivazioni ad usare il servizio sono presto dette: se l'intenzione è quella di vendere in un futuro prossimo, Zillow può aiutare a creare e verificare in anticipo l'interesse degli eventuali acquirenti; oppure, se ci fosse solo una vaga intenzione di vendere a medio-lungo termine, Zillow consente senza impegno di anticipare questo momento nel caso arrivasse un'offerta allettante.

(Via: Springwise)

sabato, dicembre 16, 2006

You Witness: arriva il giornalismo 2.0

Si chiama You Witness ed è un nuovo servizio lanciato da Yahoo (in collaborazione con l'agenzia giornalistica Reuters) che promette di rivoluzionare il modo di fare informazione. Sulla scia delle numerose iniziative che già vedono in tutto il mondo come protagonisti i "prosumatori" (leggasi: consumatori che prendono parte attivamente nella produzione di contenuti di un prodotto/servizio), You Witness consente a chiunque si trovi a documentare un evento ritenuto rilevante, dalla cronaca al gossip, di inviare testimonianze ad un indirizzo di posta elettronica del sito. La redazione dell'agenzia si occuperà quindi di vagliarne l'attentibilità/autenticità e deciderà se pubblicare i contenuti sul portale.

Per il momento, i contenuti prodotti dagli "utenti-giornalisti" saranno pubblicati solo per arricchire il network di news di Yahoo e le ricompense per questi lavori consisteranno "solo" in una citazione d'onore per gli autori (Yahoo parla a proposito di "retribuzioni sociali").

In futuro invece, se l'iniziativa si rivelasse sostenibile (le problematiche ancora da sciogliere sono quelle relative all'attentibilità di foto e video, alla privacy, alla capacità di selezione dei contenuti inviati) si potrebbe anche arrivare a forme di condivisione con gli utenti dei profitti di vendita ad altri utilizzatori (da altri siti web fino alla carta stampata).

(Fonte della notizia: Paolo C. Conti su Nòva 24 del 14 dicembre 2006)

domenica, dicembre 10, 2006

Tchibo, la caffetteria polifunzionale



Sebbene in Italia il nome sia pressochè sconosciuto, Tchibo è una delle catene di negozi più famose dell'Europa centrale.
Il particolare nome deriva dalla combinazione del congnome di uno dei due soci fondatori, Carl Tchilling-Hiryan e la parola bohne, che in tedesco indica il chicco del caffè.


Nato in Germania nel 1949 come rivenditore di caffè di alta qualità per corrispondenza, il marchio Tchibo si è con il tempo trasformato in un negozio (anzi in una catena, visto che conta circa 60.000 punti vendita in 12 paesi dell'Europa centrale ed orientale) molto particolare: oltre alla vendita di caffè, nei suoi bar e negozi offre anche una serie di prodotti non alimentari, legati soprattutto (ma non solo) alla casa.

Come si può intuire fin dal suo slogan ("Jede Woche eine neue Welt" - "Ogni settimana un nuovo mondo"), Tchibo si caratterizza per offrire questa serie di prodotti non dividendoli in reparti o categorie, ma organizzandoli intorno a temi specifici che cambiano di settimana in settimana. Ecco allora che da Tchibo si potrà passare dalla settimana in cui gli articoli in offerta sono dedicati alla cucina italiana alla settimana in cui il tema sarà la cura del giardino, e così via.

Il meccanismo che il concpet di Tchibo intende stimolare è quello dell'acquisto d'impulso dei prodotti più svariati (e anche impensati), effettuati sotto l'egida di un'insegna che ne garantisce al 100% la qualità e l'affidabilità. La merce in vendità è infatti imprevedibile, le quantità limitate e questo basta a trasformare in una vera e propria esperienza di "caccia al tesoro" da parte dei consumatori quello che in altri negozi è ancora un "misero" processo d'acquisto.

(Fonte: Caccia al Tesoro, M. Silverstein - Etas 2006)

Il punto sul fenomeno dei voli low cost


Quando Tony Blair la scorsa estate scelse un volo Ryanair per rientrare a Londra dalle sue vacanze in Italia si intuì che la rivoluzione del low cost era stata vinta. Attualmente le low-cost, grazie a tariffe bassissime, coprono nel mondo oltre il 14% dei voli; una percentuale che, secondo uno studio dell'Enac, nel 2010 salirà in Europa al 40%.

Ovviamente anche in Italia il fenomeno è in grande espansione: nel 2005 su un totale di 112 milioni di passeggeri, le compagnie low cost ne hanno trasportati il 17% (oltre 20 milioni) e la crescita rispetto al 2004 è stata dell'84%.

A garantire il successo delle compagnie low cost ci sono spese sugli equipaggi ridotte all'osso, basse tariffe aeroportuali, servizi ridotti a bordo, vendita di prodotti complementari (noleggio auto, ostelli, assicurazioni: voci che nei bilanci di Ryanair equivalgono al 16% del flusso delle entrate). Una strategia aggressiva ma tutto sommato semplice, che punta su scali regionali e provinciali, i quali grazie a costi di servizio più bassi e ad un minor congestionamento del traffico garantiscono tariffe stracciate e buona puntualità.

In molti casi poi, le collaborazioni fra compagnia aerea e aeroporto diventano delle vere e proprie partnership per politiche di comunicazione e marketing che agiscono da volano per lo sviluppo del territorio. A Pisa il traffico passeggeri è triplicato dal 1997; a Palermo la quota low cost rappresenta quasi un quarto dei passeggeri transitati (24%); a Venezia la quota low cost è salita al 26%. Tutto anche a vantaggio dell'indotto: turismo, autonoleggi, hotel, ecc.

E si badi bene che low cost non significa affatto basso reddito o scarsa qualità: lo testimonia il fatto che anche la quota di viaggiatori per affari cresce in questo settore, che sta vivendo un vero e proprio boom trasversale.

Ecco un elenco delle quote del low cost negli aeroporti italiani, dal quale si può vedere quali realtà abbiano puntato forte sul fenomeno e qual invece risultano ancora al palo (Firenze su tutte, anche se i dati devono scontare la vicinanza di Pisa):

Forlì 95%
Roma Ciampino 90%
Bergamo 81%
Brescia 70%
Pisa 61%
Pescara 48%
Brindisi 29%
Venezia 26%
Palermo 24%
Bari 24%
Olbia 21%
Napoli 20%
Genova 17%
Milano Linate 12%
Torino 11%
Bologna 11%
Milano Malpensa 8%
Roma Fiumicino 8%
Lamezia Terme 8%
Cagliari 7%
Verona 5%
Firenze 4%

E le compagnie tradizionali? Come possono fronteggiare questa ondata concorrenziale? Probabilmente riqualificandosi, come già stanno facendo alcune di loro, e proponendosi con servizi e strutture high cost-high quality. Ma questa è un'altra storia...

(via Sole 24 Ore del 8 dicembre 2006)

martedì, dicembre 05, 2006

La GDO che aiuta i commercianti tradizionali? E' possibile solo a patto che...

... si tratti di una tipologia di GDO un po' particolare, come Metro.
Metro è una delle catene internazionali (la nazionalità e tedesca) leader nel settore del cash&carry, una tipologia di commercio un po' spuria (non è un ingrosso ma non si rivolge al consumatore finale) specializzata nella vendita di praticamente ogni genere di prodotto ai titolari di partita iva. In altre parole: un ipermercato per imprese.
I negozi del commercio tradizionale sono tra le principali (anche se non le sole) tipologie di clienti di Metro ed è per questo che la catena tedesca ha avviato il "Progetto Commercio Indipendente", che mette a disposizione dei commercianti-clienti un team di esperti capaci di ottimizzare praticamente ogni aspetto della vita di un negozio (dalla esposizione dei prodotti alle promozioni, dalla gestione economica dell'azienda al marketing).

Ovviamente il progetto non nasce perchè Metro ha sentito l'esigenza di aiutare il commercio indipendente in quanto tale; più praticamente risponde ad un'esigenza di fidelizzazione e di politica di marca nei confronti di una fascia importante di clienti. Tutto qui.

(via The Retailer)